Le incisioni rupestri (dette anche petroglifi o graffiti) sono segni scavati nella roccia con strumenti appuntiti di vario genere, come una punta di roccia più dura a forma di scalpello, utilizzando una tecnica di picchiettatura, guidata o meno da un percussore o una punta metallica (tipo pugnale, di bronzo o di ferro), o usando una tecnica di raschiatura a graffio, da cui il nome graffito. Le figure formate in alcuni casi, da una fitta concentrazione di buchi, dette coppelle, si pensa potessero essere ricoperte di sostanze coloranti, in alcuni casi servivano per veicolare il sangue di animali sacrificati, durante riti animistici.
Si trovano incisioni rupestri ancestrali a partire da quando è comparso l’Homo sapiens, fino in epoca recente. In tutto il mondo solitamente si trovano in alpeggi da pascolo, vicino a fonti e a laghi. Rappresentano sia realtà della vita quotidiana pastorale e agricola, sia figure simboliche e fantastiche.
L’interpretazione di queste figure è discussa e varia da quella magico – simbolica, legata a riti religiosi di tipo sciamanico, a quella di figure fatte prevalentemente per passatempo da pastori fermi a guardia di greggi che pascolavano nei dintorni o che si abbeveravano.
Le incisioni sono tutelate in Italia dalle Soprintendenze competenti per territorio, alle quali si chiede preventivamente l’autorizzazione per qualsiasi intervento diretto, durante le campagne di studio, organizzate in sede universitaria.
È permesso fotografarle, ma si sconsiglia l’uso del flash, che le fa scomparire nella foto, a meno di poterlo staccare per ottenere un lampo radente. La realizzazione di calchi di studio, quando autorizzati, prevede l’utilizzo di plastilina o stucco da vetro ritrattati.
L’utilizzo di materiali inadeguati, come i polimeri plastici che solidificano, rischia di danneggiare le incisioni ed è strettamente proibita per uso amatoriale. Un mezzo per ottenere delle copie che ne permettano lo studio è il ricalco a carboncino (frottage).
In Italia sono molti i siti in cui si trovano incisioni rupestri, specialmente nell’arco alpino. Sono state fatte durante il neolitico e la tradizione si è interrotta in coincidenza con la conquista di Rezia ed arco alpino sotto Augusto.
L’Appennino Ligure occidentale è disseminato di siti dove si trovano incisioni rupestri. Precisamente si identificano le seguenti zone
I Balzi Rossi prendono il nome da percolamenti ferrosi che hanno colorato di rossastro le rocce calcaree dei dintorni. I Balzi Rossi sono noti per otto grotte delle quali, la Grotta dei Fanciulli, la Grotta Florestano, il Riparo Mochi e la Grotta del Caviglione, presentano molte incisioni di tipo lineare.
Si definiscono pitture rupestri quelle pitture realizzate in una grotta o in muri di pietra o in soffitti, risalenti alla preistoria. Analoghe raffigurazioni sono state ottenute con l’incisione.
Quando furono rinvenuti per la prima volta questi graffiti, alla metà del XIX secolo, essi vennero considerati primitivi, ma una recente rivalutazione e nuove scoperte ci hanno permesso di comprendere l’importanza dei lavori dell’Età della Pietra, che non sono solamente di alto livello artistico (essendo già presenti accenni di prospettiva, ombreggiatura, rilievo), ma costituiscono anche degli importanti indizi per una migliore conoscenza della cultura e delle credenze di quell’epoca.
La datazione di queste pitture rimane spesso incerta e non di rado dà luogo a polemiche, in quanto i metodi utilizzati, come quello alradio carbonio, possono essere facilmente “ingannati” da campioni contaminati da materiale più antico o più recente, e ciò avviene con molta facilità all’interno delle caverne.
I soggetti più comuni nelle pitture rupestri sono i grandi animali selvaggi, come il bisonte, il cavallo, il cervo e l’orso; sono spesso presenti anche impronte umane. L’antropologo Leroi-Gourhan ha riconosciuto delle regolarità nelle rappresentazioni di bovini ed equini e nelle associazioni di questi rispettivamente al sesso femminile e al sesso maschile.
I più conosciuti reperti si trovano nelle località di:
Grotta di Altamira: Scoperta alla fine dell’800, la grotta di Altamira nella Spagna settentrionale, è stata la prima grotta di dipinti preistorici scoperti in epoca moderna. I dipinti erano talmente ben conservati che il suo scopritore Marcelino Sanz de Sautuola venne accusato di aver riprodotto artificiosamente le figure e di essere quindi un falsario. Solo nel 1902, i dipinti sono stati riconosciuti come autentici. Immagini di cavalli, bisonti e le impronte della grotta di Altamira sono stati realizzati con carbone ocra e rosso. Scalfitture nella roccia dovute probabilmente a colpi di lancia, fanno ritenere che le figure degli animali potessero essere utilizzate anche in funzione propiziatoria per il buon esito della caccia.
Lascaux: soprannominata “la Cappella Sistina preistorica”, le grotte di Lascaux sono che un complesso nella Francia sud-occidentale di grotte decorate con alcune tra le pitture rupestri più imponente e famose del mondo. I dipinti di Lascaux sono stimati a 17.000 anni fa. La collocazione dei dipinti è molto addentrata nelle grotte e questo lascia supporre che gli uomini che li hanno eseguiti abbiano lavorato alla luce del fuoco. La pittura della caverna più famosa è la grande sala dei tori dove sono raffigurati tori, cavalli e cervi. Uno dei tori è di circa 5 metri il più grande animale scoperto finora in qualsiasi grotta di pitture primitive. Per timore che la grande affluenza del pubblico potesse danneggiare irreparabilmente queste raffigurazioni il governo francese ha vietato l’accesso al pubblico offrendo però nella medesima zona la possibilità di osservare delle copie. . La Cueva de las Manos; il nome dice tutto, letteralmente “la caverna delle mani” è stata scoperta in una landa desolata della Patagonia, la regione desertica e freddissima del sud dell’Argentina. Le mani raffigurate sono un bellissimo esempio di composizione modulare dove il modulo è rappresentato dalla mano dell’uomo preistorico che l’ha eseguita in numerose sequenze. Si pensa che siano state realizzate a “stencil” spruzzando pigmento colorato sulla mano che una volta sollevata lasciava l’impronta che vedete. Molto probabilmente il colore veniva spruzzato con la bocca. Questi sono disegni databili tra i 9500 e i 13000 anni fa. Un graffito è un disegno o un’iscrizione grafica, prevalentemente eseguita attraverso incisione su pietra, metallo, intonaco e superfici simili.
Fin dall’antichità si usavano strumenti, anche rudimentali, quali scalpelli, chiodi, punteruoli, stiletti o altri utensili del genere. Molti esempi di graffiti sono disegni astratti o simbolici, che svolgevano forse un ruolo di comunicazione concettuale prima dell’avvento della scrittura. La parola graffito deriva del latino graphium, scalfittura, che trae la sua etimologia dal greco graphèin (γράφειν) che significa indifferentemente scrivere, disegnare o dipingere. Graffiti sono già presenti nel paleolitico superiore, come nelle incisioni rupestri della Val Camonica; numerose le testimonianze giunteci dall’antichità, dai fenici (il graffito della tomba d’Ahiram) all’impero romano (il Graffito di Alessameno) mentre, nel periodo paleocristiano e nell’alto Medioevo, graffiti sono presenti anche nelle lapidi funerarie. Il grado di complessità è altamente variabile in dipendenza del tipo di graffito, e può andare da una semplice incisione ad una pittura elaborata dei muri.
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